Vini naturali, il Pd Fiorio attacca con un’interrogazione. E Les Vignerons replica: “La solita farsa”

vini naturali, una etichetta

Vino naturale, il Pd Massimo Fiorio attacca. La notizia l'ha lanciata su Facebook Elena Pantaleoni (nota produttrice di vini naturali) e l'ha subito rilanciata, indignato, Jonathan Nossiter. Ed è questa: il deputato Pd Massimo Fiorio ha presentato un'interrogazione che chiede "chiarezza" sul vino naturale: "Molte bottiglie con questa etichetta stanno invadendo il mercato italiano. Si tratta di una definizione ad oggi autodisciplinata che rischia di disorientare i consumatori e penalizzare i produttori”. Ma Florio va oltre e dice: "O si definisce una norma specifica per la dicitura ‘vino naturale’ o va vietato, per legge e senza eccezioni, il commercio in Italia di vino che presenti aggettivi, nelle confezioni, negli imballaggio o nelle etichette, riferiti a disciplinari di produzione non ufficialmente regolamentati”. Un'offensiva in piena regola, di una certa violenza verbale, che affronta con la falce un tema delicato. Sul quale ragiona con Puntarella Rossa, Antonio Marino, titolare di un'enoteca di Roma, Les Vignerons, che propone vini naturali e birre artigianali.

Abbiamo letto un tuo commento su Facebook di reazione alla questione Fiorio.
Sì, scrivevo che è la solita farsa, il solito inciucio tra Pd e Pdl. Questo signore, parlamentare del Pd amico di grandi cantine dell'astigiano, chiede chiarezza tramite un'interrogazione parlamentare alla ministra Nunzia De Girolamo del Pdl, figlia del proprietario della Cantina del Taburno, per avere una risposta che già conosciamo e non solo perché già ce l'ha data qui (dal minuto 42), ma perché ovviamente ad entrambi conviene che queste bottiglie debbano essere vietate in Italia. 

Proviamo a fare il punto. Fiorio propone di bandire la commercializzazione del vino etichettato come naturale. Prima riflessione: ma non era già proibito? Ci sono stati sequestri di vini e quest'eccesso di agonismo pare sospetto, non trovi?
Sì, l'etichetta dei vini naturali è proibita o meglio contestata. Ma il mio timore è che venga fatta una proposta di legge che vada a colpire questi produttori in maniera ancora più dura.

Ma l'etichetta è importante?
A me non interessa che ci sia scritto sulla bottiglia che questo è un vino naturale o tradizionale oppure vino originale: mi basta che si sappia che questa filosofia esista e che venga divulgata e per fare ciò c'è bisogno che gli operatori del settore prima di tutto lo capiscano e poi la diffondano nei propri ristoranti, enoteche e wine bar.

Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato, ma spesso si azzecca. Ecco: Massimo D'Alema, Pd, ha lanciato da poco la sua produzione di vino. Ovviamente è un caso, ma…
Mi dicono che Massimo Fiorio sia un suo caro amico, ma non penso che D'Alema personalmente c'entri solo perché ha una cantina. Fatto sta che oggettivamente questa offensiva aiuta anche lui. 

Serve una regolamentazione? Non aiuterebbe anche i produttori di vini naturali? Che tipo di norme servirebbero?
Una regolamentazione servirebbe soprattutto a tutelare i piccoli produttori che lavorano in maniera artigianale, che rischiano senza utilizzare prodotti chimici in vigna ed in cantina. Per esempio bisognerebbe fare come con l'acqua: mettere l'analisi chimica del vino in retro etichetta, scrivere la quantità di solforosa aggiunta, sottolineando quali sono i parametri di legge, scrivere se c'è lievito indigeno o selezionato e che tipo di lievito è stato usato. Ricordo sempre che il vino è l'unico prodotto alimentare confezionato (in questo caso imbottigliato) che non ha l'obbligo di scrivere gli ingredienti in etichetta.

Tu hai mai avuto problemi nella tua enoteca (come è accaduto ad Alessandro Bulzoni)?
Lavorando solo con vignaioli che fanno la così detta viticoltura naturale potrei essere ancora più bersagliato ma in realtà dato che non ho etichette convenzionali non ho necessità di sottolineare che tipo di vino vendo e quindi non lo scrivo. Ormai chi conosce Les Vignerons sa già che quando entra da noi troverà etichette "diverse". Dopo il caso di Alessandro, sono stato comunque un po' più attento. Una volta mi è capitato che un produttore si è presentato in enoteca per staccare delle retro etichette dalle bottiglie e metterne altre con un'altra dicitura perché aveva preso una sanzione. Un'altra volta un produttore mi ha inviato via posta degli adesivi bianchi che servivano a coprire la scritta "vino naturale" sulla sua etichetta e confezione". Evidentemente, negli ultimi anni, stanno dando fastidio alle grandi aziende ed ai loro amici e parenti.
 

La replica dell'onorevole Massimo Fiorio

Le reazioni alla mia interrogazione confermano che ho toccato un tema molto sensibile, devo però dire che non ritengo giuste molte delle cose che ho letto, anzi ritengo che sia stato preso come un "attacco istituzionale" come ha scritto qualche blog quello che era solo una richiesta di chiarimento. Consiglierei di evitare letture complottiste o politiciste a ciò che la presa d atto che intorno a quel tema c'è poca chiarezza. Vorrei tranquillizzare chi ritiene che l interrogazione nasca dal tentativo di difendere grandi gruppi, anzi nasce dall esigenza di tutelare produzioni coraggiose. Vedo imballaggi e promozioni che utilizzano la definizione "vino naturale" per vini prodotti in modo convenzionale. Credo che questo sia un danno per chi si impegna in percorsi produttivi impegnativi e coraggiosi e non la mia interrogazione. Sono disponibile al confronto, se ritenete…..

Controreplica di Marino

Caro On. Fiorio, la pensiamo nella stessa maniera cioè entrambi vogliamo che vengano tutelate le produzioni coraggiose, quindi se vi stanno a cuore i piccoli viticoltori artigiani che sono una risorsa per l'economia nazionale e non  solo, a questo punto le chiedo è giusto allora che non ci sia un'etichettatura specifica per il vino?E' giusto secondo lei che un vino (anche biologico) possa contenere la Colla di pesce, il fosfato diammonico, il mosto concentrato, il carbone enologico e potrei proseguire ad oltranza solo perché sono ammessi dalle leggi europee però il consumatore questo non deve saperlo? Questo è il motivo per cui alcuni produttori, enotecai, sommelier utilizzano la parola "naturale", questa è una parola che non dovrebbe apparire in etichetta per il solo fatto che il vino deve essere per legge fatto senza l'aggiunta nè in cantina nè in vigna di prodotti chimici e di sintesi.Questi produttori che lavorano in maniera ardita avrebbero necessità di aiuto dalle istituzioni, non sono tanto convinto che da queste interrogazioni possano trarne benefici.

7 Commenti

  1. Le reazioni alla mia interrogazione  confermano che ho toccato un tema molto sensibile, devo però dire che non ritengo giuste molte delle cose che ho letto, anzi ritengo che sia stato preso come un "attacco istituzionale" come ha scritto qualche blog quello che era solo una richiesta di chiarimento. Consiglierei di evitare letture complottiste o politiciste a ciò che la presa d atto che intorno a quel tema c'è poca chiarezza. Vorrei tranquillizzare chi ritiene che l interrogazione nasca dal tentativo di difendere grandi gruppi, anzi nasce dall esigenza di tutelare produzioni coraggiose. Vedo imballaggi e promozioni che utilizzano la definizione "vino naturale" per vini prodotti in modo convenzionale. Credo che questo sia un danno per chi si impegna in percorsi produttivi impegnativi e coraggiosi e non la mia interrogazione. Sono disponibile al confronto, se ritenete…..

  2. Caro On. Fiorio, la pensiamo nella stessa maniera cioè entrambi vogliamo che vengano tutelate le produzioni coraggiose, quindi se vi stanno a cuore i piccoli viticoltori artigiani che sono una risorsa per l'economia nazionale e non  solo, a questo punto le chiedo è giusto allora che non ci sia un'etichettatura specifica per il vino?E' giusto secondo lei che un vino (anche biologico) possa contenere la Colla di pesce, il fosfato diammonico, il mosto concentrato, il carbone enologico e potrei proseguire ad oltranza solo perché sono ammessi dalle leggi europee però il consumatore questo non deve saperlo? Questo è il motivo per cui alcuni produttori, enotecai, sommelier utilizzano la parola "naturale", questa è una parola che non dovrebbe apparire in etichetta per il solo fatto che il vino deve essere per legge fatto senza l'aggiunta nè in cantina nè in vigna di prodotti chimici e di sintesi.Questi produttori che lavorano in maniera ardita avrebbero necessità di aiuto dalle istituzioni, non sono tanto convinto che da queste interrogazioni possano trarne benefici.

  3. Per evitare di essere frainteso, forse sarebbe stato meglio promuovere un'interrogazione per fare chiarezza su che come è fatto e soprattutto su cosa c'è nel vino, sia esso "convenzionale" o "naturale". Sono un operatore del settore e quando elenco ai miei clienti i possibili ingredienti che un vino per legge può contenere, spesso ottengo reazioni che vanno dallo stupore allo sconcerto. Questa è la vera disinformazione. Magari la sua interrogazione sarà stata in buona fede, ma francamente sembrava che si stesse scagliando contro la supposta fraudolenza dei biscotti del piccolo panificio artigianale di Valguarnera Caropepe piuttosto che contro le macine del Mulino Bianco o i Kitekat della Nestlè. E le assicuro che se anche lei dovesse bandire i miei amati biscotti, io continuerò a mangiarli e a sostenere chi li produce, perché una vita di soli Kitekat sarebbe troppo, troppo triste. 

  4. Salve onorevole Fiorio, mi potrebbe spiegare come mai il termine naturale od equivalente si trova sull'etichetta di innumerevoli prodotti alimentatri e non e nessuno fiata? Solo per il vino occorre agire? Le dovesse servire le posso inviare la documentazione fotografica di tali etichette.
    Acqua minerale naturale addizionata di acido carbonico, termine assolutamente legale, non è un controsenso?
    Inoltre non si potrebbe tagliare la testa al toro inserendo in etichetta gli ingredienti del vino? (mi pare che il vino abbia norme di etichettatura uniche, diverse da tutti gli altri prodotti alimentari o bevande).
    Grazie in anticipo

  5. Scusa Giorgio, quali sarebbero i vini convenzionali, come li chiami tu, che riportano la scritta "vino naturale"? Sarebbe il caso di saperlo, prima di comprarne  erroneamente uno

  6. Gentile Massimo Fiorio, ti parlo da un punto di vista ovviamente parziale e schierato, ma essendo un operatore e un frequentatore del mondo del vino (e un ex-dipendente dell'enoteca Bulzoni) ritengo anch'io opportuno chiarire alcuni aspetti.
    Innanzitutto mi sembra che quello di regolamentare, irregimentare, definire la produzione del vino naturale sia un problema tutto vostro. I più grandi, autentici e antesignani produttori di vino naturale (e non solo naturale, ma anche elegante e buonissimo a livello uiniversalmente riconosciuto) questo problema non se lo sono mai posto. Tu conoscerai sicuramente i vari Overnoy, Pacalet, Prieuré-Roch, Clos Rougeard, Gramenon, Lapierre, Foillard in Francia (per citarne solo alcuni), e altrettanto bene Massavecchia, Rinaldi, Roagna, Cappellano in Italia (per citarne solo alcuni, tralasciando i più giovani). Ebbene costoro non hanno mai fatto del proprio metodo una bandiera, e mai si sono posti il problema di scriverlo in etichetta. Tutta'al più il problema che si sono posti è stato quello di poter scrivere sulle bottiglie denominazione di origine, vitigno e annata, cosa che negli ultimi tempi sta diventando via via più difficile, proprio a causa di una burocrazia sempre più restrittiva, che sembra non tener conto della storia e delle consuetudini produttive.
    In secondo luogo ritengo sbagliato che a dettare le regole del "vino naturale" – semmai fosse necessario dettarne – sia un gruppo di potere che cala certe regole dall'alto. E senza nulla obiettare contro i gruppi di potere. Credo soltanto sia logico che, se davvero ad essere tutelati debbano essere i produttori che tu stesso ritieni coraggiosi, allora è loro che bisogna interpellare (o interrogare), è con loro che bisogna avviare un dialogo e un confronto, conoscendoli veramente, aprendosi alle loro istanze, senza che nessuna commissione parlamentare o ministeriale (composte da chi poi?) mettano alcun ombrello sulla questione.
    Infine, gentile Massimo, nessuno ritiene che l'interrogazione nasca con l'intento di difendere i grandi gruppi, nessuna tesi complottista o politicista, questa sarebbe cattiva fede. E noi non siamo in cattiva fede. Semmai si sta facendo l'antico errore di confondere i fini con le conseguenze: pensiamo infatti che come conseguenza la regolamentazione del vino naturale possa semplicemente agevolare i grandi gruppi, facendoli salire sul carrozzone del naturale-commerciale che è soltanto una strategia di marketing e che nulla ha a che spartire con le idee e le pratiche di chi porta avanti un percorso agricolo e di vinificazione rispettoso dell'ambiente, del corpo, della storia contadina e delle caratteristiche di un territorio. Ecco perché pensiamo al naturale come una postura, un'intenzione, una tensione, piuttosto che come un semplice fine identitario o di collocazione sul mercato. La regolamentazione è di per sé un'arma a doppio taglio, che potrebbe aprire la strada non tanto all'invasione del naturale di cui parli tu, ma a quella del finto-naturale che temiamo noi.
    Gentile Massimo, essendo il vino convivialità, tu e tutta la commissione agricoltura della camera siete invitati a confrontarvi con noi (zecche e parassiti del naturale vero e artigianale!) nei luoghi in cui viviamo, cioè le enoteche, i bistrot, le cantine e le riunioni tra viticoltori, operatori, clienti e appasionati. In questi luoghi sarebbe interessante confrontarsi su certi argomenti, per capire similitudini e differneze tra i prodotti, i produttori e i consumatori. Siamo sicuri che a voi della Commissione Agricoltura certi temi non risulteranno estranei. Sapete dove trovarci, e se non lo sapete chiedetecelo, vi invaderemo di informazioni e di inviti.
    Con grande rispetto e cordialità, ti saluto e ti ringrazio per l'attenzione che stai dedicando a questi argomenti.

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