Vabbè, ci sono forme di ingenuità che è giusto vengano punite. Però le punizioni dovrebbero avere una proporzione. Comunque alla fine il consiglio è questo: se siete a Roma e vi viene voglia di pastrami – magari perché siete recentemente stati a New York e vi siete goduti il famoso monumento da una libbra di Katz's – beh, lasciate perdere. Lo so, state già pensando che "al Ghetto qualcuno che ti fa un pastrami decente lo troveremo di sicuro". Attenzione, rischiate di sedervi, ingannati anche dai tre adesivi del Gambero Rosso, ai tavolini all'aperto del Bistrot kosher cafè, in via Madonna del Pianto 69. Un locale tanto carino, visto da fuori, tutto laccato bianco, con le tinte giuste, e i funghi che riscaldano per bene, quanto approssimativo nel servizio e, purtroppo, nella cucina.
Se quello che avevate in mente, dunque, era il pastrami di Katz's (come quello nella foto, per capirsi), sappiate che qui non lo troverete. Anzi. Se in natura esistesse il concetto di "opposto esatto di pastrami di Katz's", al Kosher Bistrot caffè troverete esattamente quello: un panino triste, moscio, sconsolato, vagamente anoressico. Il sapore affumicato e speziato della carne dell' "originale", in questa versione si fa labile, impercettibile, aeronautico. La fetta succulenta e flessuosa, qui si traduce in una lama di salume anemico, appena organico.
Al primo morso il gusto lascia spazio all'immaginazione, l'immaginazione fugge verso lidi scabri e nella mente si affollano e sgomitano pensieri vari di morte e tassidermia (appena salata).
Vabbè, pensi alla fine rassegnandoti, in fondo sei stato un ingenuo tu. E ti ricordi di quando scopristi il pastrami e imparasti la sua lunga storia, e tutto sommato ti ritrovi bendisposto ad accettare il fatto che è ormai da considerarsi una specialità americana, ben più esotica della frittura di certe varietà di banane che si usa da qualche parte, all'equatore.
Anche da Barilli 66, in fondo, il pastrami è buono ma non è proprio come quello di Katz's, ti dici. E poi, soprattutto, tu non sei Harry e lei non è Sally. Così impugni il menu per dare al Bistrot un'altra possibilità. Come si dice, ti rifugi in un classico: l'hummus.
L'hummus non si può sbagliare. E' il piatto più antico dell'umanità. L'uomo ha imparato a cucinare partendo da qui. Non si può sbagliare. E invece quello che arriva dopo cinque minuti è una specie di zuppetta fredda, insipida, cascata da chissaddove nel piatto: della ricetta originale – per altro piuttosto semplice – non sono rinvenibili neppure labili tracce. Ci vorrebbe il luminol. Manca praticamente tutto, l'aglio, l'olio, il prezzemolo, la tahina. E poi, incredibilmente, come resti di nave dopo un naufragio, galleggiano nella zuppa giganteschi pezzi di ceci evidentemente sfuggiti alle lame distratte del minipimer.
Mentre ti chiedi cos'altro sia andato storto nella preparazione di quel piatto, e in generale nella tua giornata e forse nella tua vita, dal fondo dello splendido (oggettivamente splendido) dehor arriva una voce che conferma – se mai ce ne fosse bisogno – le tue iniziali sensazioni. E' il lamento di un povero turista inglese. Che aveva scelto per sé e per la propria compagna, dalla lavagna dei piatti del giorno, una lasagna. Il problema è che gliel'avevano servita più fredda della birra (Peroni) che stava bevendo.
Osservi la scena: l'uomo con un principio di cuperose richiama cortesemente il cameriere il quale cortesemente non fa una piega, come se se l'aspettasse. Si riprende sorridendo i piatti smozzicati e, con essi, scompare all'interno del locale. Ricompare qualche istante dopo con i medesimi piatti smozzicati, stavolta però evidentemente roventi: dalle due macchie rosse sopra la porcellana bianca si alza infatti un pinnacolo di fumo bianco e denso che rimanda a ustioni infernali e lacrime agli occhi e bocche che soffiano isteriche su bocconi incendiari.
L'inglese con la cuperose accoglie il piatto, perplesso, il cameriere è già sparito. Allora cerchi di sbirciare nella tasca della giacca di tweed del cliente quale guida abbia portato qui quel povero diavolo ma dall'orlo spunta solo la scritta "ome", con la R mangiata dall'abisso della tasca. Della collana, dell'autore, della casa editrice, nessuna notizia. Un'altra sconfitta.
Chiedi il conto. 40 euro per due panini e una marmellata fredda di ceci (due bicchieri di vino, una mezza minerale e due caffé). Paghi, ti allontani dal fungo calorifero e, un po' scosso, ti incammini verso casa maledicendo la tua ingenuità, con le mani in tasca e, in testa, il cappuccio della felpa.
Bonus: la posizione, il portico d'Ottavia è uno degli angoli più belli di Roma, e il cestino del pane, che è buono
Malus: la cucina
I voti di Puntarella
Ambiente 6,5
Servizio 5
Cucina 4,5
Scontrino: rilasciato regolarmente