Sens of wine, la vita (s)agra

"Pensavi di aver assaggiato tutto?" "Beh, speriamo di no". Canonicamente potremmo descriverla come la settima edizione della "prestigiosa kermesse enogastronomica organizzata da Luca Maroni". Ma noi di Puntarella Rossa siamo sempre poco canonici. E, nonostante l'austero Centro Congressi dell'Eur non sia certo il posto più sensoriale e accogliente per un evento che abbia a che fare con il gusto e i profumi, entriamo spediti. Prendiamo il nostro bicchiere da degustazione. E iniziamo l'assaggio, guardandoci intorno e cercando di capire se hanno ancora senso queste (più o meno) mega fiere del vino o se non siano piuttosto diventate delle grande sagre di paese, buone per farsi un po' di pubblicità e mangiando a sbafo (o quasi visto che si paga una quota d'ingresso)

Chi ha la fortuna (?) di avere il braccialetto da privé – di quelli che attanagliano il polso in una morsa tipica di qualsiasi discoteca – può iniziare la visita con una carrellata di assaggi misti: confetti dai diametri microscopici,  infinitesimi cubetti di porchetta fredda, battiti d'ali di salumi, frammenti di croccante al pistacchio e mandorle, ostie di dolci tipici, il cui sapore sembra immaginato. Si porgono bicchieri, si valuta la merce, ci si prepara all'abbuffata.

Mani fameliche stringono focacce bisunte, si avvicinano cautamente a intrecci di salsicce, occhi voraci perlustrano il banchetto.

Il cadavere di una porchetta gigante giace in attesa di essere divorato da una mandria di "degustatori" in attesa.

Berretto rosso da marinaio corso, barba antica di saggezza, l'uomo dei formaggi è un personaggio. La sola "pecora nera", che offre odori, storie e assaggi veri e chiude il nostro primo confuso sguardo iniziale.

Pavimenti lucidi, stand bianchissimi, sfilate di bottiglie: tutto è pronto nella sala principale.

Gli stand con le venti regioni e i rispettivi produttori vicini. Venti? No, la Sardegna no. Ma perché? Possibile? Troppi i vini tra cui scegliere, troppa, da poter contenere, l'ironica indignazione per l'assenza sarda. Dove andare? Infopoint a dritta!

La  Signora dell'evento, colei che sola poteva domare il vino e i suoi adoratori. Caronte con fiore all'occhiello per visitatori smarriti. "La Sardegna non si è presentata, non ha risposto al nostro invito, evidentemente non… ma siete sardi? Ci dispiace tantissimo (con quella sibilante così eccessivamente marcata), ma se volete vi posso consigliare."

Tanti i nomi elencati di altrettante regioni: Sicilia, Toscana e Umbria le più citate. La vera distinzione, che sembra prendere forma, si basa sul "gusto di genere": bere al femminile o bere al maschile? A quanto pare le donne sono più sensibili, più attente, non si mettono in competizione contro il vino, precedono le mode, "sentono" prima di "conoscere". Mah.

Mentre vago tra bottiglie e sommelier, penso alle quote rosa del vino: è necessaria la differenziazione sessuale anche in questo campo? Pare che sia l'Infopoint sia alcuni produttori sentano il dovere di creare questo gineceo del sapore. Qualcosa stride: la strana sensazione del complimento forzato, un po' perché fa chic, un po' per essere politically correct, un po' perché "sarà che a me le donne mi gharbano proprio tanto". L'uguaglianza pare sempre la stessa, secondo il luogo comune più spicciolo, bellezza esteriore+diniego del maschilismo=competenza femminile.

Nella terza, ed ultima, sala dal "parlare di vino" si arriva allo "scrivere di vino". Ancora qualche assaggio qua e là, una postazione radio live e scaffali e scaffali pieni di libri di Luca Maroni: Annuario dei migliori vini italiani 2012, Conoscere il vino. Per dire finalmente "me ne intendo", Il vino e il mondo intorno. Dialoghi all'ombra della vita. Avrei voluto comprarne almeno uno, dei ben 57 che ha scritto nella sua carriera, ma sono rimasta colpita dalla risposta che ho ricevuto, dallo stesso autore, sul dubbio che ci eravamo posti all'inizio della degustazione: "La Sardegna non si è presentata, perché sono lontani. Poi io sono mezzo sardo, quindi li conosco bene i sardi, evidentemente vendono bene. E poi sono più chiusi, più antichi…antichi nel senso buono del termine, io sono mezzo sardo. Il fatto è che non hanno la voglia di spen…come vi posso spiegare? In che cosa spendiamo in genere? In luce, ma lì hanno il sole fino alle dieci, in gas per il riscaldamento, ma lì il clima è talmente mite, e poi si spende in entertainment, ma lì hanno la natura, e comunque…
E comunque è mezzo sardo e ha abitato tanto in Sardegna, questa è l'unica cosa che mi è chiara, per il resto dopo aver sentito questo racconto, a metà tra l'epica e la fantascienza, ho deciso di non comprare nessun libro.
Sarà che mi sento troppo "antica nel senso buono", sarà il caldo, sarà che i vini bisognava assaggiarli, sarà che sono donna eppure non ho una sensibilità speciale per il vino, ma io alla fine continuo a domandarmi: il Sense  of wine è semplicemente una "sagra d'Italia" a cui viene unita una poesia e un gusto che io, che non faccio parte di "loro", non intuisco, oppure è un evento legato all'identità italiana, da sempre, portatrice del fattore dominante "ce piace bere"?

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