Gli italiani non mangiano più pane: ecco perché

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Sempre meno pane. Le abitudini degli italiani stanno cambiando e tra i primi a farne le spese è proprio l’alimento per eccellenza, ma al quale sempre più nella Penisola si rinuncia. Stando alle rilevazioni della Coldiretti nel 2014 si sarebbe addirittura arrivati a un record storico negativo dai tempi dell’Unità del Paese, con un consumo giornaliero procapite sceso a 90 g, meno di due fettine o piccole rosette. Un’altra delle conseguenze drammatiche della crisi? In realtà solo in parte, visto che dietro a questo dato si nascondono diversi fattori.

Quinoa pane e vino

Il calo del consumo di pane viene innanzitutto da lontano. Se infattinel 1861, anno dell’Unità d’Italia, se ne mangiavano quotidianamente 1,1 chili, gli ultimi decenni hanno invece fatto segnare una lenta ma costante decrescita, con 230 grammi nel 1980, 197 nel 1990, 180 nel 2000, 120 nel 2010, 106 nel 2012 e meno di 100 nel 2013.

A contribuire a questa tendenza, oltre al mutamento dei regimi alimentari e della situazione economica, anche il diffondersi di una cultura del non spreco, con il 42% degli italiani (secondo una rilevazione Coldiretti/Ixè) che mangia il pane avanzato del giorno prima e solo un residuo 2% che butta nell’immondizia la pagnotta superflua. I metodi per evitare lo sperpero sono diversi: il 44% degli italiani ricorre al congelatore, il 43% alla grattugia e il 22% per cento lo dà come cibo agli animali. Inoltre un considerevole 24% riutilizza il pane raffermo nella preparazione di altre pietanze.

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La spesa familiare per pane, grissini e cracker in Italia ammonta a quasi 8 miliardi di euro all’anno. Il preferito, anche se con numeri calanti, è quello artigianale (88% del mercato); cresce invece la domanda dei prodotti sostitutivi come cracker, grissini e pani speciali. Scelte legate anche ad un prezzo che nelle diverse città d’Italia può variare considerevolmente; in base a dati Coldiretti di novembre 2014 a Bologna il costo (3,95 euro al chilo) è il doppio di quello di Napoli (1,90). Una varietà di quotazioni che si conferma anche negli altri principali centri del Belpaese: 3,51 euro a Milano, 2,66 a Torino, 2,71 a Palermo, 2,48 a Roma e 2,83 a Bari. Nessuna uniformità nazionale, quindi, per un problema che tocca un po’ di meno quei 16 milioni di italiani che, seguendo antiche tradizioni, almeno qualche volta all’anno preparano il pane in casa.

© Il Fatto Quotidiano / Puntarella Rossa

A cura di Fps Media

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