Fatamorgana, gelateria con patrocinio

di Gianluca Schinaia © Il Fatto Quotidiano

Un abbaglio o un miraggio causato da Fatamorgana; questo potrebbe essere accaduto ai funzionari del Municipio I di Roma. Solo che Fatamorgana non è un’illusione ottica, ma una vera e propria gelateria nata e cresciuta a Trastevere, nella Capitale, e oggi nota per la qualità dei prodotti. A luglio scorso, infatti, per un giorno – e solo per un giorno – la gelateria ha ricevuto il patrocinio del Comune di Roma, come racconta Maria Agnese Spagnuolo, proprietaria del marchio Fatamorgana: «A fine luglio abbiamo aperto una nuova gelateria a Trastevere: per celebrarla abbiamo fatto una festa di inaugurazione invitando tutto il quartiere e offrendo agli avventori i nostri prodotti. Sì, è vero, in quell’occasione il Comune ci ha patrocinato».

Ora, vale la pena rispolverare le motivazioni per la concessione del patrocinio da parte del comune capitolino: «Il Patrocinio è il riconoscimento ufficiale dell’Amministrazione di Roma Capitale di apprezzamento e di adesione ad iniziative ritenute meritevoli per le loro finalità di promozione culturale, artistica o scientifica, le quali assicurino la possibilità di piena partecipazione a tutti i cittadini, incluse le persone con disabilità». Difficile trovare stringenti ragioni “artistiche o scientifiche” per concedere il patrocinio capitolino alla gelateria trasteverina. E la promozione della cultura romana attraverso il gelato – prodotto tipico di ben altre zone – stona un po’. Anche se l’ente Roma Capitale, che tra le altre funzioni gestisce l’assegnazione delle “benedizioni” comunali, fa sapere che «i patrocini sono sempre gratuiti e quasi mai vengono concessi ad attività commerciali: spesso sono i singoli Municipi capitolini a darli in totale autonomia. In ogni caso si tratta sempre di un sostegno morale, e mai materiale da parte delle istituzioni cittadine». Niente soldi, tanto per ripeterlo chiaramente. Di fatto, Roma Capitale respinge la responsabilità dell’assegnazione del patrocinio comunale a Fatamorgana e la riversa sul Municipio I, una delle venti suddivisioni amministrative in cui è organizzata la Città eterna e che rappresenta il centro storico: secondo l’agenzia comunale, almeno in apparenza, non c’erano gli estremi (motivazioni culturali, artistiche o scientifiche) per concedere il patrocinio a Fatamorgana.

A questo punto, si pone una domanda: cos’ha di speciale questa gelateria? «Il nome viene da Taranto, la mia città d’origine, dove c’è una spiaggia famosa che si chiama appunto “Fata morgana”: vista la tipicità del mio prodotto in cui uso molte spezie (dal cardamomo alla cannella) ho deciso di chiamare così il marchio di qualità. Nasco come artigiana del gelato e rimango tale – racconta la Spagnuolo – volevo realizzare un prodotto dove far confluire la mia arte e fantasia, così abbiamo creato un gelato unico, fatto di ingredienti di qualità, puri, senza conservanti e senza additivi». In effetti, le quattro gelaterie Fatamorgana sono conosciute a Roma e la Spagnuolo rappresenta anche un caso di successo dell’imprenditoria femminile nella Capitale: «Nel 2003 ho presentato un progetto al comune di Roma come imprenditoria femminile con la Unionfidi e ho ottenuto parte della copertura delle garanzie iniziali per aprire un laboratorio». Ora, la Spagnuolo ha aperto ben due nuove gelaterie nel 2012 (a Roma sono in totale quattro), una nel Rione Monti e un’altra appunto a Trastevere che ha avuto il gagliardetto comunale: «Non l’ho chiesto, me l’hanno dato loro spontaneamente. Forse perché quell’inaugurazione a luglio era costruita per essere quasi una festa di quartiere». Peccato che in realtà fosse un’iniziativa commerciale, che poco aveva a che vedere con la promozione culturale, artistica o scientifica di Roma. E purtroppo non è stato possibile raggiungere il Municipio I e intervistare il presidente Orlando Corsetti (Partito democratico) per chiedere spiegazioni su questa generosa concessione. Perché nessuno discute il valore qualitativo del gelato di Fatamorgana, ma patrocinare la festa d’inaugurazione di un punto vendita che tra l’altro neanche offre prodotti rigorosamente capitolini, è perlomeno una leggerezza. Oppure il frutto di un miraggio estivo.

di Gianluca Schinaia

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